La bresaola, celebre insaccato italiano, è spesso scelta per il suo basso contenuto di grassi e l’elevato apporto proteico, particolarmente apprezzata dagli sportivi e da chi segue diete leggere. Tuttavia, negli ultimi anni, gli oncologi hanno lanciato un’allerta importante riguardo al consumo di salumi e carni lavorate, comprendendo anche la bresaola, per il loro legame con il rischio di sviluppare alcuni tipi di tumore.
L’attenzione verso questo alimento nasce dalle crescenti evidenze scientifiche che hanno analizzato le conseguenze di una dieta ricca di prodotti di origine animale trasformati, portando numerosi esperti a pronunciarsi in merito alla sicurezza alimentare e agli effetti sulla salute, in particolare sulla salute oncologica.
Cosa dicono gli esperti: la posizione degli oncologi sulla bresaola
L’International Agency for Research on Cancer (IARC), struttura dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha incluso la bresaola tra le carni lavorate che rientrano nella classe 1A, ovvero quelle cancerogene certe per l’uomo. Secondo le analisi IARC, il rischio non riguarda solo prodotti come würstel o pancetta, ma interessa anche alimenti apparentemente “più sani” come la bresaola. Il rischio è associato alla presenza di sale in quantità elevate, circa 4,5 grammi ogni 100 grammi di prodotto, e ai processi di trasformazione che implicano l’utilizzo di nitrati e nitriti, nonché la formazione di composti nocivi durante la conservazione e la stagionatura.
Per una sana prevenzione oncologica, la raccomandazione degli esperti è di limitare il consumo di carni processate a porzioni occasionali, mantenendo il quantitativo a circa 50 grammi al giorno, se proprio non si vuole rinunciare a questi prodotti. Le ragioni principali sono:
- La maggiore incidenza di tumori del colon-retto e dello stomaco associata al consumo abituale di insaccati.
- Il rischio amplificato dalla presenza di ferro eme, più abbondante nella bresaola rispetto ad altri salumi, che può favorire processi di ossidazione pericolosi.
- L’elevato contenuto di sale, che aumenta anche il rischio di ipertensione e malattie cardiovascolari.
Dibattito e reazioni dei produttori
Nonostante le raccomandazioni precauzionali, il settore produttivo della bresaola, come il Consorzio di tutela della Bresaola della Valtellina, ha reagito con fermezza alle dichiarazioni degli oncologi e dell’IARC, sostenendo la sicurezza del prodotto se consumato con moderazione. I produttori sottolineano la severità dei disciplinari di lavorazione che garantiscono standard igienico-sanitari elevati e il controllo su tutte le fasi produttive.
Tuttavia, il rigore nella lavorazione non annulla il rischio legato ai processi stessi di conservazione delle carni, la cui capacità di indurre tumori è stata confermata da numerose ricerche epidemiologiche. Non si tratta dunque di una questione legata al singolo produttore, ma a una tipologia di alimento che, per le sue caratteristiche intrinseche, deve essere inserita nella categoria degli alimenti da consumare con prudenza e consapevolezza.
Indicazioni delle società scientifiche e raccomandazioni
Le Linee guida internazionali (World Cancer Research Fund, WCRF) indicano di eliminare del tutto o almeno di ridurre drasticamente il consumo di carni trasformate, senza eccezioni tra tipologie “più leggere” o “più grasse”. Queste raccomandazioni sono condivise anche dagli oncologi italiani, che ritengono prioritario sottolineare la correlazione tra alimentazione e prevenzione oncologica.
In particolare, le società scientifiche consigliano:
- Preferire proteine di origine vegetale e carni bianche non lavorate.
- Limitare salumi e insaccati a occasioni sporadiche.
- Compensare eventuali consumi di bresaola con un maggiore apporto di fibre, frutta e verdura fresca.
- Prestare attenzione all’etichettatura per evitare additivi e conservanti industriali potenzialmente dannosi.
La filosofia del “buon senso” viene consigliata, invitando a valutare i rischi sulla base del proprio stile di vita complessivo, che deve comprendere attività fisica regolare, peso corporeo nella norma e limitazione di altri fattori di rischio come il fumo e l’alcol.
Le evidenze epidemiologiche e la percezione del rischio
Nonostante il clamore suscitato dai rapporti IARC, i dati epidemiologici specifici relativi al consumo di bresaola mostrano rischi quantitativamente contenuti se si resta entro le porzioni suggerite dagli esperti. Un consumo quotidiano di 50 grammi di bresaola può incrementare la probabilità di ammalarsi di tumore colon-rettale di circa l’1%, mentre la mortalità totale correlata a tutti gli insaccati è stimata intorno a 37.000 casi all’anno in Italia.
L’effetto negativo non va però sottovalutato: il cancro legato alle carni lavorate si manifesta generalmente dopo i 50 anni, con una picco intorno ai 70 anni, rendendo la prevenzione alimentare un elemento cruciale nella riduzione della mortalità e morbidità oncologica. Gli oncologi non demonizzano né vietano completamente la bresaola, ma invitano a valutare la propria dieta nel suo complesso, riservando le carni lavorate a occasioni e non alla routine.
Il ruolo del consumatore e la responsabilità individuale
La scelta di includere la bresaola all’interno di una dieta equilibrata dipende dalla consapevolezza personale. Gli esperti invitano a informarsi e a evitare le scelte basate solo sulla fama di “alimento magro” o “insaccato salutare”, ricordando che anche la bresaola, come tutti i salumi, rientra nel gruppo delle carni processate potenzialmente cancerogene.
La corretta comunicazione del rischio è fondamentale per aiutare i consumatori italiani a non rinunciare del tutto ai prodotti della tradizione, ma a moderarne il consumo, integrando una maggiore varietà di alimenti freschi e meno lavorati. Il dibattito tra produttori, società scientifiche e opinione pubblica proseguirà nel tempo, ma la posizione degli oncologi resta chiara: la salute viene prima di ogni moda alimentare.